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Il Brasile in sciopero

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Il Brasile in sciopero

Di Lucas Iberico Lozada

4 maggio 2017

Quando  venerdì sera l’oscurità scese sul centro storico di Rio de Janeiro, l’odore dei gas lacrimogeni rimaneva pesantemente sospeso. E’ stato un giorno di mobilitazione di massa in tutto il paese: più di un milione di brasiliani in almeno 245 città, venerdì hanno partecipato a uno sciopero generale di un giorno, secondo gli organizzatori; altri scenderanno nelle strade oggi,  per il Giorno di Maggio (una specie di Festa della Mamma da noi, n.d.t.) che qui è una festa nazionale. Lo sciopero, che si dice sia il più grosso da decenni, intende radunare l’opposizione a un aggressivo piano di riforma delle pensioni che indebolirebbe le leggi del lavoro e alzerebbe l’età pensionabile di dieci anni – il pezzo forte di una varietà di misure di austerità proposte dal Presidente Michel Temer il cui indice di approvazione è a un penoso 4%.

Lo sciopero, organizzato dai sindacati più grandi del Brasile, ha avuto forse l’impatto maggiore nella capitale industriale, São Paulo, dove i dimostranti sono stati in grado di manifestare in tutta la città per ore; i servizi di autobus e altri  sono stati sospesi in altre importanti metropoli del Brasile. L’hashtag #BrazilEmGreve (Brasile in sciopero) ha avuto una più ampia portata sui media  se paragonata a quella delle massicce proteste che hanno portato alla messa in stato di accusa di Dilma Roussef.

I brasiliani hanno una buona ragione per essere arrabbiati. Il paese è nella morsa di una recessione pluriennale che ha cacciato milioni di persone dai posti di lavoro; nel frattempo, un’indagine di lunga durata per corruzione, ha rivelato che ogni importante partito politico ha ricevuto tangenti dalla maggior parte delle più grandi aziende in cambio di contratti governativi redditizi. Il governo di Michel Temer, non eletto e di destra, che nominalmente è andato al potere spinto da un movimento anti-corruzione contro il Partito dei Lavoratori (PT) che ha governato dal  2003 fino allo scorso luglio, si è rivelato essere almeno così corrotto quanto quello che lo ha preceduto. Un terzo dei ministri del gabinetto di Temer, e quasi ogni leader del congresso sono attualmente indagati per accuse di corruzione; Temer stesso è stato accusato di aver richiesto una tangente di 40 milioni di dollari, anche se l’immunità come presidente per ora lo protegge da sanzioni.

Al centro del piano di Temer di rassicurare gli investitori c’è un programma di austerità su vasta scala. Temer non è certo il solo tra l’élite del Brasile a sperare che i drastici tagli al settore pubblico apriranno il rubinetto dei capitali stranieri che sono in gran parte fuggiti dal Brasile in seguito a un calo a livello mondiale dei prezzi delle merci.  Quando era ancora al potere, la stessa Dilma Roussef del PT, aveva abbozzato una riforma delle pensioni come misura necessaria,  anche se dolorosa per sistemare

i guai economici del Brasile. Temer è stato, però, di gran lunga più aggressivo, con larga approvazione dei mercati: da quando Temer e i suoi alleati hanno cacciato via la Rousseff con un colpo di stato parlamentare l’anno scorso, la borsa valori brasiliana è cresciuta bruscamente a livelli pre-recessione.

La logora formula dell’austerità del governo minimizza opportunamente altri probabili aree per la riforma, come il notoriamente complesso sistema fiscale, che impone un peso regressivo ai brasiliani della  classe dei lavoratori e della classe media tramite una combinazione di tasse  sui consumi  e di bassi guadagni in conto capitale e di imposte sul patrimonio. Peggio ancora, l’impopolarità di Temer e la sua ineleggibilità (gli è vietato candidarsi per la carica nel 2018), ha ispirato una linea di pensiero particolarmente cinica nei circoli tecnocratici e nel suo stesso governo. Se qualcuno imporrà una misura ampiamente impopolare attraverso un congresso corrotto che si auto-arricchisce, potrebbe essere anche un leader impopolare che, comunque non ha nessuna possibilità di essere mai eletto.

In effetti, il governo di Temer sta facendo pochi sforzi per edulcorare le riforme e, invece ha preso di mira lo sciopero di venerdì con una pesante repressione della polizia. Venerdì sera a Rio, Jandira Feghali, una deputata del Congresso all’opposizione, pochi minuti dopo l’inizio del discorso che denunciava il pacchetto di riforme di Temer, quando    gas lacrimogeno hanno cominciato a cadere sulla folla. “E’ stata una cosa folle,” ha detto Thiago Tadeu, un giornalista che osservava la confusione che ne seguiva dal palco dove Feghali stava parlando. “Sparavano da tutti i lati, circondavano la folla.“

Luciana Zanatte un’insegnante disoccupata, si era radunata con alcuni amici all’entrata di una vicina stazione della metropolitana, sperando di unirsi alle proteste dato che continuavano di notte. Però, bombole di gas lacrimogeno e granate a percussione avevano già disperso la dimostrazione appena cominciata. Gli amici di Luciana hanno fatto circolare foto fatte col cellulare, di autobus in fiamme, a pochi isolati di distanza – almeno 9 sono stati incendiati dai dimostranti durante gli scontri e di sfregavano latte di magnesia sugli occhi mentre denunciavano violentemente il governo di Temer. Una folla radunatasi lì vicino si è dispersa dopo che la polizia era andata in motocicletta in mezzo a loro, lanciando bombe lacrimogene e agitando lunghi manganelli. Luciana ha  detto che però erano rimasti sprezzanti.

“Le persone che stasera guarderanno la televisione, sentiranno dire che queste proteste si stanno organizzando come una strategia di propaganda per il PT, ma è una follia,” ha detto Luciana Zanatte. Questo non è il movimento di un partito politico. Siamo qui perché non siamo d’accordo con il governo.”

Nella foto: lo sciopero generale in Brasile nel 1917

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo

www.znetitaly.org

Fonte: https://zcomm.org/znetarticle/brazil-on-strike

Originale: Dissent

Traduzione di Maria Chiara Starace

Traduzione © 2017 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0

 

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